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La Macchia dell’Unicorno (2015)

Creato dal tempo come molte altre figure fantastiche, l’unicorno è formato da tasselli di cronache e leggende, che uniti tra loro, gli hanno attribuito sembianze e significati sempre diversi. L’unicorno fra questi lavori non c’è. O Forse non è visibile. Si vede invece una fitta macchia di fiori, da dove l’unicorno è sfuggito ai cacciatori che lo braccano. Opera ispiratrice di questo “labirinto vegetale”, formato da 31 dipinti su carta, è il ciclo di arazzi fiammingo sulla “Mistica caccia dell’unicorno” (XV secolo). Questa perenne primavera irta di allegorie sulla dolcezza e le crudeltà della natura, è l’unicorno stesso. Sulle tele, ispirate alla lettura Junghiana, l’unicorno diventa invece il mercurio dell’arte ermetica, si osserva la fiamma liquida di una formula alchemica, macchia che brucia il suo stesso eroe rendendolo altro. Muta la sua forma e diventa i suoi nuovi significati.
“Nel quattrocento avanti Cristo, il medico di Artaserse Mnemone, il greco Ctesia, descrive velocissimi asini selvatici che popolano i regni dell’Indostan, di pelo bianco testa purpurea, occhi azzurri sulla fronte un corno che alla base è bianco,rosso in punta, ed in mezzo perfettamente nero. Plinio il Vecchio ne riporta altre caratteristiche ( Naturalis Historiae libroVIII, 31) In india si caccia anche un’altra fiera, l’unicorno, che per il corpo assomiglia al cavallo, ma per la testa al cervo, per le zampe
all’elefante, e per la coda al cinghiale. Il suo muggito è profondo. Un corno lungo e nero s’erge in mezzo alla sua fronte. Dicono che sia impossibile
prenderlo vivo. Al principio del VII secolo, nell’enciclopedia di Isidoro da Siviglia (Etimologiae XII libro), è riportato che una sola cornata dell’unicorno basta per uccidere un elefante: questa immagine ricorda l’analoga vittoria del karkadàn (rinoceronte) nel secondo viaggio di Sinbad, di quest’ultimo diceva che se
spaccato in due, il corno mostrava la figura di un uomo. Nemico dell’unicorno era il leone: in un’ottava dell’epopea The Faerie Queen è descritto il combattimento in cui il leone affronta l’unicorno davanti ad un albero e quando questi lo carica, il felino si scosta e l’unicorno rimane inchiodato al tronco. Questi versi si possono datare tra il secolo XVI, e il principio del XVIII, l’unione dei regni d’Inghilterra e di Scozia metterà nello stemma della Gran Bretagna: il leopardo (leone) inglese e l’unicorno scozzese. I bestiari Medievali insegnano che l’unicorno può essere catturato da una bambina: “Come lo prendono. Gli mettono davanti una vergine e lui salta in grembo alla vergine e la vergine lo abbraccia con amore e lo porta al palazzo del re.” Molti e famosi arazzi illustrano questo trionfo, le cui applicazioni allegoriche sono le più disparate: lo Spirto Santo, Gesù Cristo,
un amante, il mercurio e il male sono stati simboleggiati dall’unicorno. Nell’opera Psycologie und Alchemie (1944), Karl Jung narra la storia di questi simboli e li analizza. Un cavallino bianco con zampe posteriori d’antilope, barba di capra ed un lungo e ritorto corno sulla fronte, è la rappresentazione abituale di quest’animale fantastico. Jorge Luís Borges Manuale di zoologia fantastica(1957)
Sono l’antico drago che è ovunque sulla terra, giovane e vecchio forte e debole, morte e resurrezione, visibile e invisibile, duro e morbido; discendo nelle profondità della terra e salgo al cielo, sono il più alto e il più basso, il più leggero e il più pesante… tenebre e luce… si sa chi sono e tuttavia non esisto affatto.

Karl Gustav Jung Psycologie und Alchemie (1944)

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